Starship è il prototipo di vettore più importante sviluppato da SpaceX, una delle maggiori aziende aerospaziali.

Il 18 novembre 2023, alle ore 14:02 italiane, è stato raggiunto un traguardo molto importante per l’esplorazione spaziale dei prossimi decenni. Dalla base di lancio di Boca Chica, in Texas, al confine con il Messico, è infatti partito il razzo che vedete nelle immagini. E a ben vedere, a occhi inesperti, non sembrerà nulla di eccezionale. Lanciamo razzi (ormai quasi quotidianamente) da più di 60 anni, e ad oggi è diventata quasi la normalità. Eppure, quello in foto, non è un vettore qualsiasi, bensì la rivoluzione. Ma andiamo con ordine.
IL RAZZO DEI RECORD
Starship, dall’inglese “Nave Stellare”, è il prototipo di vettore più importante sviluppato da SpaceX, una delle maggiori aziende aerospaziali degli ultimi tempi, fondata nel 2002 da Elon Musk. Ma cos’ha di così speciale? Non servono troppe parole: Starship è il razzo più grande e più potente mai costruito nella storia dell’umanità.
Si compone di due parti (stadi): il primo, quello in basso, è il Booster, anche chiamato Super Heavy: possiede un’altezza di 71 metri e una larghezza di 9. Il secondo stadio, in alto, è la Starship vera e propria, con un’altezza di 50 metri e 9 di larghezza. Per un totale di 121 m totali, è anche il vettore più alto di sempre. Il compito del booster è quello di portare la Ship in orbita: possiede alla base ben 33 motori speciali, chiamati Raptor, i quali in totale forniscono al razzo una forza (spinta) pari a 74,5 MN (ovvero oltre 74 milioni di Newton). Il record precedente apparteneva ai Saturn V, ovvero i razzi usati negli anni ’70 per le missioni Apollo: 40 MN. Quasi il doppio!

Eppure le meraviglie di questo prodigio dell’ingegneria non terminano qui. Starship è anche completamente riutilizzabile. Questo abbassa drasticamente i costi di ogni lancio, permettendo a SpaceX di dominare il mercato areospaziale in quanto attualmente l’unica azienda a offrire un servizio del genere.
I compiti che questo vettore sarà in grado di eseguire in futuro sono svariati. Possiede una capienza esagerata, tale da poter trasportare centinaia di tonnellate di carico, sia in orbita bassa che nello spazio profondo. Questo permetterà di usare la nave per gli scopi più disparati: trasporto di persone e carico utile da un punto all’altro del pianeta in meno di un’ora di viaggio; lanciare nello spazio satelliti, missioni interplanetarie e telescopi spaziali molto più grandi di quelli lanciati fino ad oggi; ma soprattutto Starship è l’embrione del razzo che riporterà l’uomo sulla Luna nel prossimo decennio, nonché i primi uomini su Marte entro la fine del secolo. Insomma, la fantascienza è ormai (quasi) realtà.
IL TEST
Quello del 18 novembre è stato il secondo test ufficiale di questo vettore. Già il 20 aprile di quest’anno abbiamo avuto infatti l’opportunità di vedere il razzo partire. Mai prima di allora un manufatto umano così grande e potente aveva preso il volo. Dopo 7 mesi di lunghe attese burocratiche, dovute alle valutazioni dell’impatto ambientale generato dal razzo sull’habitat circostante richieste da svariate associazioni come la FWS (Fish and Wildlife Service) e la FAA (Federal Aviation Administration), finalmente pochi giorni fa l’azienda di Musk ha potuto ripetere il test.
Al contrario di quanto si legge troppo spesso in giro, diamo subito due precisazioni importanti: Starship non è il razzo di Elon Musk, ma il frutto di anni di lavoro da parte di migliaia di tecnici, ingegneri e scienziati che insieme costituiscono la Space Exploration Technologies Corporation; inoltre il test di sabato NON è stato un fallimento.

Nonostante entrambi gli stadi del vettore siano esplosi, questo non vuol dire che la prova non è andata come previsto. Gli obiettivi minimi sono infatti stati pienamente raggiunti: il razzo è riuscito a decollare senza distruggere il pad di lancio, e per di più SpaceX è riuscita ad ottenere un risultato in più rispetto al primo tentativo, ovvero la separazione dei due stadi in alta quota tramite una tecnica mai usata finora dall’azienda, ovvero l’hot staging, il quale prevede l’accensione dei 6 motori della Starship quando questa è ancora attaccata al Super Heavy.
Dopodichè, ulteriori fasi avrebbero previsto il rientro nel Golfo del Messico del Booster, mentre la Ship avrebbe dovuto compiere un volo quasi orbitale, fino ad ammarare nel Pacifico, al largo delle Hawaii. Questo non è accaduto in quanto entrambi gli stadi sono esplosi prima del previsto: il Booster poco dopo la separazione tramite hot staging, e la Ship qualche minuto dopo, a causa di una perdita di contatti. Entrambe le esplosioni sono probabilmente state comandate da SpaceX, tramite l’utilizzo del FTS (Flight Termination System), un meccanismo che prevede la distruzione controllata delle componenti del vettore, tramite delle cariche esplosive, per evitare che queste si trasformassero in pericolosissimi detriti spaziali.
CONCLUSIONI
Il raggiungimento di obiettivi così grandi e illustri come riportare l’uomo sulla Luna dopo oltre 50 anni, richiedono sforzi immani e cammini lenti, fatti di obiettivi ottenuti uno alla volta, passo dopo passo, senza fretta.
Alla domanda del perché negli anni ’70 le agenzie spaziali riuscirono con grande facilità nel portare l’uomo sul nostro satellite mentre oggi riscontriamo tante difficoltà nel replicare il risultato, la risposta risiede nel modus operandi diametralmente opposto svolto dai governi di allora e di oggi. La differenza risiede nel fatto che negli anni ’70 c’era una guerra fredda e una corsa allo spazio da vincere, e il governo americano non badava di certo a spese o a perdite umane.
Oggi invece viviamo in tempi di pace, e le aziende spaziali non possono certo permettersi di ripetere gli stessi errori effettuati ai tempi, spesso frutto di frettolosità. Tutto deve essere studiato e calibrato al millimetro, esplosione dopo esplosione, risultato dopo risultato, per poter permettere alla nostra specie di progredire nel nome della pace.