Una breve storia dei ghiacciai alpini dal 1500 ad oggi, con le fasi di avanzamento e arretramento dovuti ai cicli climatici che si sono susseguiti sul nostro Continente.
PREMESSA quando parliamo di “cambiamenti climatici” ormai erroneamente l’opinione pubblica pensa che sia similitudine di “cambiamenti climatici antropici” (cioè causati dall’uomo), ma i cambiamenti climatici sono anche quelli naturali, cioè facente parti di un normale ciclo della natura)
Per realizzare questa breve cronistoria, useremo alcune parti essenziali di un articolo della glaciologa e naturalista valdostana “Augusta Vittoria Cerutti” pubblicato sul sito di “Fondazione Montagna Sicura” del “Dipartimento di difesa del suolo e risorse idriche” della Regione autonoma della Valle D’Aosta
LE 4 MAGGIORI ESPANSIONI DEI GHIACCIAI ALPINI il periodo compreso fra il 1550 e il 1860 fu denominato dagli studiosi “Piccola Età Glaciale”. Le testimonianze raccolte in Francia, in Svizzera, in Austria e in Italia ci consentono di datare, all’interno di questi tre secoli, quattro espansioni dei ghiacciai assolutamente eccezionali avvenute nel 1601, 1640, 1820 e 1860.
LA SECONDA GRANDE ESPANZIONE la seconda grande espansione del secolo XIX culminò fra il 1855 e il 1860
PRIMO FORTE ARRETRAMENTO DEI GHIACCIAI dopo il 1860, si instaurò una fase climatica assai contraria al glacialismo che provocò una rapida contrazione degli apparati… In effetti, subito dopo il 1860, si istaura bruscamente quella fase di intenso riscaldamento climatico che chiude in modo definitivo i tre secoli freddi della Piccola Età Glaciale. I dati registrati alla stazione meteorologica del valico del Gran San Bernardo mettono in luce un improvviso innalzamento delle temperature di ben 0,5 C° che si accompagna, per almeno due decenni, a molto scarse precipitazioni nevose.Di conseguenza il limite delle nevi persistenti si porta ad una quota assai più elevata di quella del periodo precedente e gli apparati glaciali entrano in crisi, una crisi profonda, segnata da una drastica contrazione lineare, areale e volumetrica che colpisce tanto i piccoli quanto i grandi ghiacciai delle Alpi Occidentali. Fra il 1862 e il 1882 il ghiacciaio del Lys (Monte Rosa) perde ben 950 metri di lunghezza; la Brenva (Monte Bianco), fra il 1846 e il 1878, circa 1000m, il Pré de Bar (Val Ferret) fra il 1856 e il 1882, 750m e nello stesso periodo il ghiacciaio di Lex Blanche (Val Veny), circa 800 m.
La Carta rilevata nel 1882 indica la quota frontale del Rochefort a 2482 m s.l.m.: in appena due decenni si è dunque verificata una contrazione altimetrica di ben 232 metri il che, grosso modo, corrisponde ad un accorciamento planimetrico superiore a 500 metri. Le fronti del ghiacciaio di Planpincieux e del Grandes Jorasses nel 1882 hanno altitudini vicine ai 2450 m; la riduzione lineare degli apparti è di poco inferiore ai 400 metri (cfr Tab I e II). Anche il lungo lobo occidentale del Planpincieux si è notevolmente accorciato: il suo limite frontale, nel 1882, risultava a quota 2184 m s.l.m.
In poco più di vent’anni, a seguito di questa durissima contrazione, l’area del Rochefort si riduce del 36%, quella di Planpincieux e Jorasses del 39% (cfr Tab III). Sull’insieme dei tre ghiacciai questi valori corrispondono alla sparizione media di ben 8 ettari di superficie glaciale ogni anno ed è più o meno la stessa media che in quel periodo si registra anche sui ghiacciai di Frebouge, Triolet e Pré de Bar, ridottisi di valori percentuali compresi fra il 31% e il 34%25 Molto più modesta risulta, invece, la contrazione dei ghiacciai della Val Veny, probabilmente perché le precipitazioni nevose su quest’ultima sono sempre assai più abbondanti rispetto alla Val Ferret.
LA MODERATA ESPANSIONE DAL 1883 AL 1897 dopo questo ventennio, disastroso per il glacialismo, fra il 1883 e il 1897 per una quindicina di anni il clima si fece alquanto più freddo e i ghiacciai del Monte Bianco ebbero una moderata fase di espansione che però fu ben lungi dal compensare le perdite subite precedentemente.
UNA NUOVA CONTRAZIONE TRA IL 1897 e il 1910 i ghiacciai del Monte Bianco subirono un nuovo periodo di contrazione.
ACCENTUATA ESPANSIONE TRA IL 1911 E IL 1923 sul finire della prima decade del ‘900 si instaurò un clima favorevole al glacialismo che fra il 1911 e il 1921 diede luogo ad una rapida e assai notevole espansione glaciale: la maggiore del secolo XX. Questa riguadagnò non soltanto tutto il terreno che era stato deglacializzato durante la contrazione precedente, ma anche una certa parte di quello perduto fra il 1860 e il 1882.
Dall’esame dei dati raccolti nella stazione meteorologica del Valico del Gran San Bernardo (2470 m s.l.m.) risulta che la fase climatica fredda prese inizio nel 1905: la temperatura media annua scese da -1,3 °C del decennio precedente a -1,9 °C. Negli stessi anni le precipitazioni nevose aumentarono del 30% nei confronti del periodo precedente, raggiungendo un record mai eguagliato nella secolare storia di quel prestigioso osservatorio. Questi due fattori provocarono un forte abbassamento del limite climatico delle nevi persistenti e quindi una notevole estensione verso valle dei bacini di alimentazione ove poterono formarsi grandi quantità di ghiaccio. Dopo qualche anno, quando le nuove coltri glaciali cominciarono a fluire verso valle alimentando considerevolmente gli apparati, questi presero ad aumentare di potenza, di lunghezza e di estensione.
LA LUNGA CONTRAZIONE TRA IL 1924 E IL 1960 se prendiamo in considerazione globalmente l’area glacializzata dei tre maggiori apparati del gruppo Dente del Gigante-Jorasses, osserviamo che nei 18 anni intercorsi fra i rilevamenti 1929 e 1947 essa è diminuita di 48 ettari, vale a dire 2,6 ettari all’anno mentre fra il 1860 e il 1882 la riduzione annua era stata di ben 8 ettari.
Nei confronti del periodo 1860 – 1882 bisogna dunque riconoscere che la fase di ritiro 1923 – 47 ha fatto registrare un sostanziale rallentamento della contrazione.
La contrazione in atto dall’ inizio degli anni ’20 perdurò fino al 1960, interrotta esclusivamente da una breve fase incerta fra il 1941 e il 1943. Nella relazione 1957 possiamo leggere43: “I ghiacciai di Planpincieux e delle Grandes Jorasses hanno un margine frontale sottilissimo tanto che, con il progredire del regresso “in potenza” vi è da pensare che ben presto subiranno amputazioni di larghe superfici di ghiaccio. Il riverbero delle rocce di fondo si è fatto risentire in modo assai cospicuo nell’ultimo biennio; ne risultano larghe ondulazioni lungo tutto il margine frontale”.
NUOVA ESPANSIONE DAL 1961 AL 1987 per i glaciologi fu un fatto assolutamente inaspettato. In realtà, a cominciare dal 1954, i dati dell’osservatorio meteorologico del valico del Gran San Bernardo mettono in luce una diminuzione delle temperatura media annua di due decimi di grado, accompagnata da un notevole aumento delle precipitazioni in genere (+ di 252 mm) e in particolare di quelle a carattere nevoso che passano dai 1040 cm annui del periodo precedente a ben 1530 mm. Di conseguenza il limite delle nevi persistenti si assestò ad altitudini inferiori a quelle del passato, ampliando i settori di accumulo nei quali andò formandosi una notevole quantità di ghiaccio alimentatore.
Secondo il citato Catasto Regionale dei Ghiacciai l’area glacializzata del gruppo Dente del Gigante – Jorasses nel 1975 supera di 28 ettari quella del 1947. Il confronto che, in mancanza di altri dati affidabili, abbiamo stabilito fra le aree 1947 e 1975 quantifica sicuramente per ampio difetto l’espansione areale iniziata nel 1963. Prima di quell’anno, infatti, perdurò la fase di contrazione precedentemente in atto con ulteriori notevoli perdite di superficie e, solo dopo il 1963, avvenne l’inversione di fase con l’espansione areale complessiva dei cinque ghiacciai, fra il 1963 e il 1975 dovrebbe essere quantificata in non meno di 40 ettari.
LA CONTRAZIONE MODERNA DAL 1988 AD OGGI sui ghiacciai del Monte Bianco la fase espansiva si chiuse fra il 1987 e il 1988. A cominciare dal 1985 – ’86 le temperature medie annue si alzarono bruscamente creando una situazione molto sfavorevole al glacialismo: i limiti climatici delle nevi perenni si portarono a quote superiori ai 3000 m s.l.m. diminuendo l’estensione dei bacini collettori e quindi il volume delle nevi alimentatrici.
Gli apparati subirono nei primi anni solo una diminuzione di potenza, poi uno smagrimento con importanti perdite lineari ed areali. In poco più di 10 anni i ghiacciai si ridussero alla situazione del 1975; nel 2003, anno caldissimo, risultavano aver perduto completamente la massa acquisita dopo il 1963; negli ultimi anni le fronti, ridotte a sottili frange di ghiaccio, continuano a perdere terreno.
Bibliografia