Astronomia
Di 20 Dicembre 2023No Comments

Solstizio d’inverno: il 22 dicembre è il giorno più corto dell’anno

L’evento segna definitivamente l’inizio dell’inverno astronomico: la stagione meteorologica era iniziata il primo dicembre.

Venerdì 22 dicembre 2023, alle ore 04:27 italiane, il nostro pianeta ha raggiunto il punto della sua orbita corrispondente al solstizio d’inverno boreale. Questo decreta l’inizio della stagione fredda per il nostro emisfero e l’inizio dell’estate per quello australe. Interessante notare che, mentre dal punto di vista meteorologico le stagioni iniziano sempre con il primo del mese, in astronomia le cose si fanno più complicate, in quanto le date di questi eventi non sono fisse ma variano nel corso degli anni.

Sol-sistere

L’etimologia della parola ‘solstizio’ deriva dal latino (“solstitium”), ed è la composizione di due termini: “sol-” che significa ‘Sole’, e “-sistere” che sta per ‘fermarsi’, a indicare quindi la locuzione: “momento nel quale il Sole si ferma”. Per spiegare il significato di questa frase, dobbiamo descrivere il moto apparente della nostra stella nella volta celeste, così come veniva visto proprio dagli antichi romani, ancora ignari delle verità scientifiche che oggi possediamo sui moti dei corpi celesti.

Nel corso di un anno, la nostra stella sembra percorrere una traiettoria precisa, che la porta ad alzarsi o ad abbassarsi nel cielo a seconda del periodo. Durante la primavera, per esempio, prendendo in considerazione un momento preciso della giornata come riferimento, il Sole pare occupare, giorno dopo giorno, una posizione sempre più alta nel firmamento. Tuttavia, raggiunta una certa data, questo innalzamento progressivo dell’astro sembra arrestarsi bruscamente, lasciando spazio a una lenta “caduta” che porterà la stella a “invertire il suo senso di marcia”, abbassandosi sempre di più.

Ovviamente questo discorso vale anche per il senso opposto: la discesa graduale del corpo celeste prima o poi si fermerà, lasciando nuovamente spazio all’ascesa, descrivendo quindi una sorta di moto armonico. Ecco spiegata l’etimologia. La parola ‘solstizio’ indica proprio il momento in cui il Sole si ferma nel suo percorso apparente, per cambiare successivamente direzione. Questo accade due volte l’anno: a giugno e a dicembre. Nel primo caso abbiamo il solstizio d’estate, nel secondo quello d’inverno.

Oggi siamo a conoscenza del fatto che non è la nostra stella a muoversi, ma queste traiettorie celesti sono il risultato del moto di rivoluzione del nostro pianeta attorno al Sole e dell’inclinazione dell’asse terrestre. Entriamo nel dettaglio.

Effetti collaterali

Come tutti sappiamo, l’alternarsi delle stagioni è dovuto prevalentemente al fatto che l’asse terrestre (la linea immaginaria che collega il Polo Nord al Polo Sud) è inclinato. In particolare, all’epoca attuale, questa inclinazione possiede un valore di circa 23° 27’ rispetto alla linea perpendicolare all’eclittica (il piano orbitale terrestre). Questo è un fattore determinante, e che comporta tutta una serie di fenomeni sul nostro pianeta. In primis, la distribuzione del calore solare sulla superficie.

Prendendo infatti i due punti dell’orbita terrestre corrispondenti ai solstizi, è facile individuare come uno dei due emisferi sia rivolto in maniera privilegiata verso la luce del Sole e l’altro meno. In particolare durante il solstizio d’estate boreale l’emisfero Nord riceverà più luce rispetto a quello australe, mentre durante il solstizio d’inverno sarà l’emisfero Sud a essere favorito, al contrario di quello boreale maggiormente rivolto verso la notte cosmica. Le stagioni saranno quindi sempre invertite per le due metà del globo. In tutto questo, l’orientamento dell’asse rimane fisso.

In estate, per ogni emisfero, i raggi solari arriveranno più perpendicolari al terreno, mentre in inverno più obliqui. La conseguenza è che nel primo caso, una determinata quantità di radiazione solare (luce e calore) sarà concentrata su un’area più piccola, comportando perciò temperature più elevate, nel secondo caso invece la stessa quantità di radiazione verrà distribuita su un’area maggiore, facendo diminuire il calore superficiale medio.

La variazione delle temperature però non è l’unico effetto di questo fenomeno. Un altro risultato è il cambiamento delle ore di luce e di buio. Durante l’estate, poiché si è maggiormente rivolti verso la luce solare, il dì sarà più lungo della notte. Al contrario durante l’inverno sono le ore di buio ad avere la meglio. Torniamo infatti al percorso apparente che il Sole effettua nel cielo. Nel corso dei mesi, come già detto, l’astro raggiunge altezze differenti sull’orizzonte.

Automaticamente quindi descriverà archi più o meno ampi. Archi maggiori richiederanno tempi più lunghi per essere completati, quindi più ore di luce. A dicembre, il Sole descrive invece l’arco più piccolo dell’anno, rimanendo per poche ore sopra l’orizzonte. Nel dettaglio sorgerà il più tardi possibile, raggiungerà la sua minima declinazione celeste (ovvero la sua altezza più bassa sull’orizzonte) e tramonterà il più presto possibile. Da questo momento in poi, le giornate torneranno ad allungarsi e la nostra stella tornerà a sorgere sempre prima e a tramontare sempre dopo, fino al solstizio d’estate.

Ma se ci si spinge abbastanza a Nord o a Sud, in particolare nei Circoli Polari, le cose si fanno ancor più interessanti. Qui infatti ci troviamo a latitudini talmente alte (o basse), che le ore del dì e della notte subiscono variazioni esagerate a seconda del periodo dell’anno. Al di sopra del 66° parallelo, infatti, nei pressi della stagione calda, si assiste al fenomeno del “Sole di Mezzanotte”, ovvero il Sole non tramonta mai. Al contrario, durante la stagione fredda, abbiamo il fenomeno opposto: per una determinata quantità di giorni, queste località sono immerse nel buio totale (“Notte Polare”), e il Sole non sorge mai. La durata di questi periodi varia in base alla latitudine presa in considerazione: ai Poli il fenomeno persiste per ben metà dell’anno, a 80° (sia nord sia sud) circa 140 giorni, a 70° 70 giorni.

Questo non è un caso. Le latitudini dei circoli polari infatti sono collocate esattamente a ± 66° 33’. Questo numero è il risultato della sottrazione 90°-23° 27’ (l’inclinazione dell’asse terrestre!). Di fatto come detto poc’anzi, la linea immaginaria che collega i Poli è obliqua rispetto alla retta perpendicolare all’eclittica. Quest’ultima, in quanto perpendicolare, crea un angolo di 90° con il piano orbitale terrestre. A questi 90° sono però da sottrarre quelli dell’inclinazione dell’asse del nostro pianeta. Ecco quindi che durante l’inverno la luce solare non riuscirà mai a raggiungere le località poste oltre questo angolo di differenza, in quanto rivolte verso la notte cosmica. Dovremo aspettare che la Terra stessa si sposti nel suo moto di rivoluzione per permettere alle latitudini in questione di rivedere il Sole, in maniera progressiva grado dopo grado.

Di contro, alle latitudini che hanno come valore quello pari all’inclinazione dell’asse terrestre, durante i solstizi il Sole raggiunge lo zenith, ovvero l’altezza massima che un corpo può raggiungere nel cielo (90° sull’orizzonte), quindi perfettamente perpendicolare al terreno. Si tratta dei Tropici, Cancro e Capricorno indicano la costellazione nella quale il Sole si trova apparentemente al raggiungimento di tali date (in realtà questo non è più vero a causa del fenomeno della precessione degli equinozi, di cui parleremo approfonditamente in un altro articolo). Il 21 giugno il Sole raggiunge lo zenith a mezzogiorno per tutte le località poste sul Tropico del Cancro, mentre a dicembre per quelle poste sul tropico del Capricorno, eliminando per pochi istanti quindi qualsiasi ombra di qualsiasi oggetto posto sulla superficie.

Infine, come dicevamo a inizio articolo, le date del solstizio non sono sempre fisse. Siamo abituati a considerare il 21 dicembre come giorno ufficiale, ma in realtà questo può oscillare tra il 20 e il 23, per esempio quest’anno cade il 22. Questo accade perché l’anno tropico (ovvero il tempo effettivo impiegato dalla Terra per compiere un giro completo attorno al Sole) è leggermente più lungo dell’anno effettivo che usiamo quotidianamente, precisamente di circa 6 ore. Ogni 4 anni questa differenza diventa tale da dover aggiungere un giorno in più all’anno corrente (anno bisestile), il che fa slittare anche la data di uno dei solstizi di un giorno.

Giuseppe Livrieri

Giuseppe Livrieri

Astrofilo, divulgatore, astrofotografo.