L’informazione è sempre fuorviante e allarmistica. Si è parlato molto degli incendi boschivi in Russia, California e in Australia, dipingendoli come l’apocalisse ormai imminente. Cosa c’è di vero e cosa di falso?

INTRODUZIONE chi ci segue da tempo sa benissimo che siamo molto cauti nell’informare su queste eventi “estremi”, soprattutto quando una certa divulgazione “scientifica-giornalistica” mira ad allarmare la popolazione. Negli ultimi anni abbiamo ricevuto insulti sia dai sostenitori della ormai imminente apocalisse climatica, sia da chi non imputa all’Uomo nessuna responsabilità sul clima. Ma noi non ci spaventiamo e tiriamo dritto, sicuri che un informazione cauta e ragionata, alla lunga, va oltre le strombazzate di molti.
LE PREMESSE
1. Meteorologia, Climatologia e Ambiente: le differenze?
L’assunto che ogni evento meteorologico rientri in climatologia è qualcosa che un climatologo (qualsiasi opinione sostenga) non può accettare. La meteorologia studia gli eventi che accadono in un tempo ristretto, la climatologia studia gli andamenti del tempo meteorologico in una fascia di tempo molto più ampia. In Climatologia il limite temporale minimo di studio è quello trentennale. Le medie climatiche vengono infatti realizzate su base trentennale. Ovviamente ci sono periodi climatici più ristretti (come l’indice ENSO, la QBO, ecc.) ma che per l’appunto rispettano dei cicli molto precisi (biennali, decennali, ecc..).
Altra confusone si fa quando si parla di Climatologia e Ambiente come se fossero la stessa cosa. Certo il clima causa cambiamenti nell’Ambiente, ma se il primo è una causa, l’altro è l’effetto. Ma l’Ambiente cambia anche per ragioni non climatiche. Ad esempio la deforestazione non è imputabile al clima, ma a un azione diretta dell’Uomo sull’Ambiente. Se invece determinate configurazioni bariche, che si protraggono nel tempo (decenni), portano al rinverdimento di una zona e alla desertificazione di un’altra zona, la causa è direttamente imputabile al clima.
2. I cambiamenti climatici: che cosa vogliono dire queste due parole?
Quando si parla di cambiamenti climatici comunemente (soprattutto giornalisticamente parlando) si sottintende cambiamenti climatici di origine antropica (cioè imputabili all’azione dell’Uomo). Ma realmente ogni cambiamento del clima è imputabile all’Uomo?
Partiamo dal dire che un clima immobile, senza nessun cambiamento, la Terra non l’ha mai vissuto. Ogni era, ogni periodo ha visto i suoi cambiamenti. Nella milionaria storia climatica del nostro Pianeta il clima è cambiato più volte, basta pensare ai periodi glaciali e interglaciali, oppure a cambiamenti del clima in alcune zone più ristrette della Terra, legate strettamente agli andamenti ciclici di alcune variabili climatiche come l’ENSO, l’AMO, PDO, attività solare, ecc.
Per cui quando si parla di “Cambiamenti climatici” non basta usare queste due parole, che da sole non significano nulla, ma è strettamente necessario indicare a cosa ci si riferisce. Una cosa che imputano ad esempio ai “negazionisti” dell’AGW è che negano i “Cambiamenti climatici”, ma solo un pazzo potrebbe negarli. Il clima è cambiato, sta cambiando e cambierà sempre.
Non voglio entrare nel merito della diatriba tra quanto l’Uomo influisce e quanto influisce la Natura stessa nei cambiamenti climatici/riscaldamento globale dell’ultimo secolo, non è questo il fine dell’articolo. Queste due premesse però ci saranno molto utili per il proseguo dell’articolo.
GLI INCENDI BOSCHIVI IN RUSSIA
Non saprei quasi da dove iniziare nel riportare i titoli apocalittici di giornali e TV sugli incendi boschivi in Russia: apocalissi climatiche incombenti, la Terra ha solo 20 anni prima della fine, ci stiamo desertificando, non avremo più le foreste boreali e artiche…
Cosa c’è di vero e cosa c’è di falso? Gli incendi in Russia e in Alaska sono stati gravi? Certamente, la superficie bruciata in Siberia, nelle stime più alte, è di 40.000km/2 (cioè un area quanto la Lombardia e il Piemonte messi insieme), veramente tanti.
Ma costoro ci parlano solamente della supeficie bruciata, ma quanto è invece l’intera superficie delle foreste in Russia? Dal grafico seguente, la Russia risulta ricoperta per il 49.75% di foreste, con una crescita costante dal 2005 in poi e una stabilizzazione negli ultimi anni.

Quanto è numericamente il 49.75% di foreste? La superficie della Russia corrisponde a 17.100.000km², la superficie forestale per cui è di 8.507.250km². Inoltre secondo lo studio dell’Università del Maryland, pubblicato su Nature, la superificie di foreste in Russia dal 1982 al 2016 è aumenta di 790.000km²
Sono numeri giganti, in soldoni di cosa stiamo parlando? 8.507.250km² corrispondono a oltre 28 volte la superficie dell’Italia, che a sua volta corrispondono a 1.2MILIARDI di campi di calcio. La superficie di crescita degli ultimi anni (790MILA km/2) invece corrispondo a oltre due volte la superficie dell’Italia intera e a 113MILIONI di campi di calcio.
Quindi abbiamo 1.2MILIARDI di campi di calcio di foreste in Russia, con una crescita di 113MILIONI negli ulti 35 anni, e in questi devastanti incendi si sono bruciati 5.7MILIONI di campi di calcio di foreste. Gli incendi sono stati devastanti, ma secondo noi più devastanti sono le panzane che media e social ci hanno promulgato.
Se volete maggiori informazioni sulle foreste a livello globale, vi lasciamo alcuni link:
- questi primi due, sono più alla portata di tutti, e riprendono in modo generale e nello stile giornalistico la ricerca pubblicata dall’Università del Maryland su Nature: Articolo sul Il Messaggero e Articolo su AGI
- questa invece è la fonte ufficiale della ricerca, pubblicata su Nature: https://www.nature.com/articles/s41586-018-0411-9/
Alcuni dati tratti dagli articoli appena citati:
- nel mondo le foreste sono in aumento del +7%. L’aumento maggiore si è verificato nelle foreste temperate continentali (+726 mila km quadrati), nelle foreste boreali di conifere (+463 mila km2) e nelle foreste umide subtropicali (+280 mila km2). Gli alberi risultano invece in arretramento nelle foreste umide tropicali (-373 mila km2), nelle foreste pluviali tropicali (-332 mila km2) e nelle foreste secche tropicali (-184 mila km2). Numericamente parlando si tratta di circa 2MILIONI di km/2 in più globali.
- in Italia l’aumento dal 1936 è veramente molto significativo si parla di +76% con il 40% dell’intero territorio ricoperto da foreste.
Gli incendi boschivi invece sono in crescita?
Appurato il fatto che le foreste sono in aumento (nonostante questi devastanti incendi che ci condurranno a una prossima apocalisse climatica), vediamo se realmente gli incendi sono così in aumento nel globo.
IL TREND GLOBALE per quanto attiene ai trend globali, Andela et al. (2017) analizzando dati satellitari evidenziano un calo del 24,3% nella superficie totale bruciata per il periodo 1998-2015 e un calo del 13% nel numero di incendi per il periodo 2003-2015 con un trend negativo più deciso nelle aree a savana. Più nello specifico per quanto riguarda l’area bruciata gli autori evidenziano trend negativi per l’Africa (significativo al 99%) mentre sul resto del globo dominano trend non significativi e dunque possiamo parlare di stazionarietà. Per quanto riguarda invece il numero di incendi abbiamo trend negativi significativi per il Sud America (significativo al 90%), l’Eurasia (significativo al 95%) e l’Africa (significativo al 99%) mentre sul resto del globo dominano trend non significativi (stazionarietà).
IL TREND PER IL CANADA molto interessanti sono anzitutto i dati ufficiali degli incendi boschivi per il periodo dal 1980-2018 riferiti al Canada (Nazione con una superficie forestale enorme e molto attenta al tema degli incendi boschivi) e che ho tratto dal Canadian National Forest database (https://cwfis.cfs.nrcan.gc.ca/ha/nfdb; http://nfdp.ccfm.org/en/data/fires.php). Tali dati mostrano una stazionarietà in termini di area interessata al fuoco (pur con grandissima variabilità interannuale e massimi negli anni 1981, 1989, 1994 e 1995) e un significativo calo in termini di numero di incendi con trend lineare negativo significativo al 90%* (figura 1).

**Gli studi e i relativi grafici sono stati riportati da questo articolo di CM che a sua volta fa riferimento a studi ufficiali, riportati alla fine dell’articolo nell’area Bibliografia. All’interno dell’articolo troverete i dati anche per la zona europea, che qui per non allungare ulteriormente l’articolo, non riporteremo**
I picchi degli incendi negli ultimi 10.000 anni nelle foreste boreali
Secondo una ricerca pubblica su PNAS da Ryan Kelly, negli ultimi 10.000 anni abbiamo avuto due picchi di incendi boschivi nelle aree boreali: uno nel periodo medievale, l’altro nel periodo moderno.
Tre sono le cause principali di questi picchi:
- Il clima più caldo e asciutto (causa climatica: che per quanto riguarda il periodo medievale e ovviamente naturale).
- L’aumento demografico nelle zone boreali (causa umana diretta).
- L’accumulo di combustibile.
Il terzo punto è la parte più interessante e fondamentale della ricerca e che cercherò di spiegarvi:
Prendiamo in esame il grafico pubblicato dalla ricerca:

- in unità (da 1 a un massimo di 3) il CHAR (cioè il combustibile) sulla colonna di sinistra;
- la riga in basso mostra il periodo preso in esame (ultimi 3000 anni, con 0 che corrisponde agli ultimi anni);
- a destra abbiamo la frequenza degli incendi (Fire Frequency);
- a sinistra sotto il CHAR:FF (cioè il rapporto tra combustibile e frequenza di incendi) che mostra la gravità degli incendi;
- nell’ultimo grafico invece viene mostra specie arboree diverse: la Picea mariana e la Populus, la cui quantità presente nel passato si può ricavare dalle percentuali di polline.
Cosa hanno dedotto i ricercatori da questi dati?
Che nel periodo medievale assistemmo a un aumento esponenziale di combustibile, dovuto a un precedente calo degli incendi sia in gravità (CHAR:FF) che in frequenza (FF). Il combustibile è dato dalla presenza di due piante arboree diverse: la Picea Mariana (gli abete per intenderci), e la Populus (comunemente pioppo). La prima specie è più infiammabile della seconda. Come possiamo vedere la gravità degli incendi nel periodo medievale, oltre al clima più caldo e asciutto, fu causato dalla presenza di più abeti, rispetto ai pioppi (quindi più combustibile). Gli incendi che si verificarono furono molto più gravi di quelli moderni e questo permise una transazione più rapida verso l’altra specie (il pioppo), per questo la frequenza degli incendi, come visibile dal secondo grafico, non fu rilevante.
LA FALSA INFORMAZIONE purtroppo molte pagine social e media hanno ripreso questa notizia riportando solamente il titolo “Negli ultimi 10.000 anni mai così tanti incendi nelle foreste boreali”. Questo è un modo di informare fuorviante e lasciatemelo dire ignorante.
INCENDI PIU’ FREQUENTI, MA MENO GRAVI cosa è successo quindi dopo i gravi incendi del periodo medievale? Il combustibile è diminuito fortemente per poi aumentare in modo drastico nell’ultima PEG (piccola era glaciale), quindi un drastico aumento di abeti (alberi più infiammabili). Gli incendi sono aumentati in frequenza fino al 1990, ma non in gravità, anzi nel periodo moderno la gravità degli incendi è andata progressivamente diminuendo.
Sicuramente questo è dovuto anche all’azione di prevenzione e di spegnimento degli incendi da imputarsi all’Uomo. Più incendi, ma grazie all’uomo sempre meno gravi. L’uomo per cui non E’ PROPRIO QUESTA BESTIA IMMONDA o PEGGIO IL VIRUS DEL PIANETA, che l’informazione di massa ci vuole far credere.
Cosa ci dobbiamo aspettare quindi nei prossimi anni?
I ricercatori hanno visto che negli ultimi anni sta avvenendo (come successo già nel passato), la transizione dall’Abete al Pioppo, anche se più lentamente rispetto al periodo medievale (che come abbiamo spiegato è dovuto a incendi meno gravi). Conseguentemente si sta avendo una diminuzione del combustibile e quindi una diminuzione anche nella frequenza degli incendi. Il picco ormai è stato raggiunto nel 1990, come è possibile osservare da questo secondo grafico:

I ricercatori a conclusione della loro ricerca, parlano di “anomalia transitoria” e quindi passaggio a un regime più stabile degli incendi, simile al periodo medievale. Cosa che in effetti, come abbiamo potuto vedere nel corso dell’articolo si sta già verificando. Riportiamo la citazione originale:
If this prediction is realized, recent burning may mark the initiation of an active but stable fire regime similar to the fire regime of the MCA. In this scenario, unprecedented fire activity of the past several decades will prove to be a transient anomaly, probably facilitated by rapid recent climate change and LIA fuel accumulation but unsustainable in the longer term.
In parole povere? NESSUNA APOCALISSE PER LE NOSTRE FORESTE BOREALI! All’interno di questo link potete trovare la ricerca pubblicata sulla rivista scientifica PNAS .