Un fenomeno molto particolare che si è verificato nelle zone terremotate del Centro Italia del 2016: i vulcanelli di fango hanno incuriosito molto esperti e non solo
I vulcanelli di fango sono strutture geologiche che si generano in seguito alla fuoruscita sulla superficie della Terra o sul fondo del mare, di materiale argilloso sottoforma di fluidi e fanghi, misto ad una miscela di acqua e in alcuni casi gas. Generalmente sono presenti in contesti tettonici di tipo compressivo, ovvero in quei contesti geologici dove le principali figure tettoniche in gioco tendono a collidere tra di loro.
Uno dei principali protagonisti per la formazione dei vulcani di fango è rappresentato in profondità dalla presenza di spesse successioni di sedimento fine e poco consolidato, legato fortemente dalle condizioni geologico-strutturali e idrauliche del sottosuolo. Ossia si parla di litologie con dimensioni granulari arenario-argillose che nel corso delle evoluzioni geologiche non hanno subito forti pressioni litostatiche derivanti dai sedimenti accumulatisi al di sopra di questi. Per vari fattori, è possibile che si verifichi una veloce quanto abbondante sedimentazione nel corso di un periodo breve, dal punto di vista geologico. Ciò crea una successione sedimentaria poco compatta con presenza di fluidi tra gli interstizi dei vari granuli. La parte liquida, per mancanza di diagenizzazione (compattazione) dei sedimenti, non verrebbe espulsa e ciò favorirebbe una minore densità da parte di questo pacchetto di sedimenti, rispetto a quelle sovrastanti, tale da permetterne le condizioni ideali per una risalita.
Tipi di formazione
Ora bisogna capire quali possono essere i fattori principali che permetterebbero a questi fluidi di venire a giorno. Affinché il meccanismo venga innescato è importante che ci sia un repentino aumento della pressione interstiziale tra i granuli che compongono il sedimento. In natura esistono vari meccanismi in grado di produrre un aumento delle pressioni interstiziali all’interno dei sedimenti, tale da generare la formazione di un vulcanello di fango. Ne elenchiamo alcuni:
- a) Spinte tettoniche, soprattutto durante le fasi compressive per mezzo di terremoti
- b) Presenza di idrocarburi
- c) Deidratazione della componente argillosa
a) Come è avvenuto nelle Marche e Umbria nel 2016 o nel 2012 col terremoto in Emilia-Romagna, la causa scatenante potrebbe derivare da una forte scossa di terremoto. La sollecitazione sismica può causare il trasferimento di pressione dai granuli del sedimento all’acqua interstiziale (presente fra un granulo e l’altro). Quando un simile deposito si trova confinato tra due strati impermeabili, la pressione dell’acqua cresce, sino ad un punto critico, sorpassato il quale annulla la pressione tra i granuli e tutto il deposito (sedimento più acqua) si comporta come un fluido. Per smaltire questa pressione in eccesso il deposito liquefatto cerca una via di fuga spingendo verso zone a minore pressione, ovvero verso l’alto, attraverso fratture e discontinuità presenti nella roccia. In superficie, quindi, si ha il fenomeno della liquefazione o fluidificazione che si manifesta tramite i vulcanelli di fango.
b) Gli idrocarburi gassosi quali ad esempio il metano o anidride carbonica, essendo dotati di una massa molecolare molto bassa, tendono a raggiungere la superficie più velocemente. Quando questo avviene, il sedimento non diagenizzato viene preso in carico e tende a risalire fino a raggiungere la superficie, dando origine a vere e proprie colate assimilabili a quelle prodotte dalle lave dei vulcani. Inoltre, il metano, se presente, produce un’espansione termica durante la risalita, con conseguente diminuzione della sua densità e aumento della pressione dei fluidi nel sedimento. In tal caso l’emissione di metano e fango che ne consegue, sarà talmente forte che si potranno verificare vere e proprie esplosioni di gas a temperature anche elevate, molto pericolose per chi si trova nei paraggi.
c) Le argille sono costituite da minerali che chimicamente presentano strutture cristalline complesse, all’interno delle quali spesso sono presenti strati costituiti da molecole d’acqua (H2O). Con maggiore presenza di acqua i minerali argillosi tendono ad espandere le loro catene ed occupano maggiore spazio. Nel momento in cui si verifica un processo di compressione sui sedimenti argillosi, a causa ad esempio di un aumento di peso specifico delle rocce sovrastanti, la parte liquida viene espulsa dalle strutture e portata verso la superficie tramite canali preferenziali presenti nella roccia (fratture, cavità, discontinuità in generale). In questo modo si ottiene il fenomeno della deidratazione dei minerali argillosi con conseguente compattazione dei sedimenti.
Diffusione in Italia
I vulcani di fango sono presenti anche in Italia lungo tutto l’Appennino, con manifestazioni più spettacolari soprattutto in Emilia-Romagna e in Sicilia. In Sicilia ritroviamo le “Macalube” di Aragona e le “Salinelle” di Paternò, mentre le “Salse” di Nirano sono famose in Emilia-Romagna. Tutti i fenomeni si verificano in un contesto geologico-strutturale di tipo compressivo legate però alla pressione esercitata da ammassi di gas costipati all’interno dei sedimenti argillosi che, soprattutto in Sicilia, generano eruzioni di tipo “esplosivo”. Altri vulcani di fango sono stati scoperti nella zona periadriatica tra Marche, Abruzzo e nell’aquilano durante il terremoto del 2009 a causa proprio dello scuotimento sismico con conseguente assestamento del deposito.
Anche nelle zone della Basilicata sono presenti dei piccoli vulcanelli, più o meno attivi, nel comune di Cancellara (PZ), di Ferrandina (MT) e nei pressi del colle Timmari vicino Matera. Sono tutti edifici di fango presenti nel contesto geologico della Fossa Bradanica sul suo bordo più orientale verso le Murge. La loro origine è legata senza dubbio ad un tipo di attività tettonica vivace in antichità e in tempi meno recenti.